Biodiversità in azione

L′"incontro" tra uno Squalo bianco e una Stenella testimoniato dallo spiaggiamento a Nora dei resti del giovane delfino. Soltanto il tronco e il capo, recisi di netto dalla porzione caudale, sono giunti a riva.

La carcassa stava lì, quasi incastrata in un anfratto di roccia, sotto a un mucchio di foglie morte di posidonia. Le onde in scaduta della mareggiata di scirocco, che dava al mare un colore misto di piombo e caffellatte, l′avevano depositata sulla riva della Penisola Fradis Minoris durante la notte. Il rostro, il melone, la livrea sul fianco della porzione di corpo semisepolta dalla sabbia, mostravano i segni distintivi di una piccola Stenella: un esemplare giovane, morto in mare di recente, a giudicare dal suo stato. L′immagine aveva in sé del curioso. Il fatto che un delfino si trovasse spiaggiato in quel luogo, a Nora, proprio davanti al laboratorio del Centro di Recupero Cetacei e Tartarughe marine, rappresentava quantomeno un′ironica coincidenza.
Stavolta, però, non si trattava semplicemente di un delfino spiaggiato. Almeno non di uno tutto intero. Del corpo della giovane Stenella restava, infatti, una sola metà. Recisi di netto dalla porzione caudale, soltanto il tronco e il capo erano giunti a riva. Forse l′animale era morto al largo, per chissà quale motivo. Forse era rimasto intrappolato in una rete e da essa poi smagliato e lasciato andare in balia delle correnti. Nel suo flottare fino a terra il corpo era servito da cibo per i pesci, perché il segno dei morsi tutt′intorno al tronco faceva pensare a questo. Delle verdesche, forse un mako o una qualche specie di squalo intenta a praticare quello che i biologi chiamano scavenging, la consumazione di una carcassa. Un esame più attento del corpo del cetaceo avrebbe potuto fornire una risposta.
Poco più tardi, la mezza Stenella giaceva su un tavolo insieme a un metro e dei ferri da laboratorio, sottoposta all′analisi di un operatore del Centro esperto in squali e mammiferi marini, mentre un collega filmava e fotografava.
Due morsi. Non una serie di piccole morsicature, bensì due affondi netti, profondi e portati in rapida successione sul corpo del delfino, a descrivere i contorni arcuati di una mascella larga non meno di quaranta centimetri. Ancora più evidenti, i segni ripetuti e regolari dei denti anteriori, larghi circa tre centimetri e mezzo, seguiti da altri di dimensioni progressivamente più ridotte. Sul lato opposto, i morsi avevano invece un contorno meno definito, frastagliato. Un attacco.
Non scavenging, dunque, ma predazione. Un attacco dal basso verso l′alto, in posizione ventrale del cetaceo e con asportazione netta della porzione caudale del corpo; questo, probabilmente, aveva ucciso il delfino in un solo istante. Quasi una firma, nel pensare che un solo animale, nei nostri mari, può essere l′autore di un così formidabile gesto: il grande squalo bianco.
La presenza degli squali bianchi nelle acque della Sardegna è un fatto storicamente accertato. In diverse occasioni questi eccezionali predatori sono stati segnalati vicino alle nostre coste, e talvolta catturati nelle tonnare da posta. Tonni, pesci spada, altri squali e mammiferi marini rappresentano la dieta abituale di questi animali. Sono cacciatori erratici, per lo più solitari, che incrociano le acque al largo degli arcipelaghi e coprono diverse miglia di navigazione in un solo giorno. Impossibile, in questo caso, collocare geograficamente l′attacco alla Stenella, la cui carcassa poteva aver galleggiato per ore ed essere condotta sotto costa dalla mareggiata. La freschezza dei tessuti, comunque, faceva pensare a un evento recente, risalente a un giorno, forse addirittura a sole poche ore prima del ritrovamento.
L′attacco, pur nella sua singolarità, non rappresenta di per sé un fatto eccezionale. Esso è in realtà da considerarsi normale e da auspicarsi come evento regolare d′interazione trofica tra due organismi, testimonianza dell′equilibrio di un sistema in cui esistono prede e predatori. In questa vicenda, dunque lo Squalo bianco e la Stenella, due creature fragili e minacciate dalla precarietà dell′ecosistema in cui vivono, sono i protagonisti di una biodiversità in azione, testimonianza positiva di un mare che vive.

Luca Zinzula


Luca Zinzula esamina il delfino

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